Auguri Cenerentola! Principesse Disney e aspettative non mantenute

“Cenerentola debuttava nelle sale il 4 marzo di 66 anni fa.”
Di recente mi è capitato di riguardare qualche cartone animato, di quelli dei nostri tempi, s’intende.
E no, con “qualche” non intendo giusto uno o due, intendo tutti, con gli occhi a cuore, lo sguardo ebete e lacrimoso rivolto verso lo schermo e una tazza di latte caldo ad accompagnarmi nel mio delirio.
Questo perché, non so voi, ma io saltuariamente mi trasformo in una bambina di quattro anni e sento la necessità impellente di comportarmi come tale, guardando cartoni animati, facendomi regalare peluche, portachiavi, accessori a tema “cartone del momento” e canticchiando tutte le canzoni Disney. (Il fatto che io abbia affrontato il primo esame del semestre con un quaderno di Frozen ed astuccio coordinato vi fa ridere? Ai miei compagni di corso sì, ma non capisco perché.)
Comunque i classici Disney rimangono, a mio modesto (e con modesto intendo NON criticabile) parere, i migliori in circolazione. E in fondo, diciamocelo, sono quelli con i quali siamo cresciute noi e che ci hanno, in un modo o nell’altro dato delle aspettative. Sì mi sto riferendo principalmente a capelli sempre perfetti, vestiti meravigliosi e soprattutto principi azzurri disposti a qualunque cosa per la loro innamorata.
Ora, signor Disney, io le volevo dire una cosa: non poteva, di tanto in tanto, mettere un disadattato, svogliato, cretino, psicopatico, o perlomeno uno che avesse, chessò, la strana tendenza a non volersi far vedere in giro accompagnato? Oppure uno che volesse uscire solo con i suoi amici, o uno che fosse terribilmente fissato con il calcio e lasciasse la principessa in casa a parlare al telefono con le sue amiche principesse e a lamentarsi… Ah, no, ci sono! Ci sarebbe voluto un principe che si innamora della migliore amica della principessa e ci fa un figlio illegittimo, bella idea, eh? Realistica.
No, perché io davvero, ho apprezzato il tentativo fatto, per esempio, in Aladin, in cui non si vede più quel principe azzurro con i fuseaux sbrilluccicosi e i denti più sbiancati di Mariano Di Vaio, però, diciamocelo, non è stato abbastanza.
Se lei fosse vissuto negli anni duemila, se avesse visto le creature mitologiche mezze uomo e mezze cretino che girano oggi, caro signor Disney, forse si renderebbe conto di averci fornito delle aspettative decisamente troppo alte per quanto riguarda le relazioni.
Insomma, ‘sti uomini dei cartoni animati le vanno a prendere in cima alle torri, le svegliano dal coma etilico (Bella Addormentata, mi senti? Eri appena tornata da una serata troppo movimentata, vero? A me puoi dirlo), le rincorrono in lungo e in largo e non si fanno fermare nemmeno dalla peste e poi noi ci troviamo questi qui che “no, va beh, vediamoci direttamente lì che ho poca benzina” oppure “senti, ma ci vediamo domani sera che io stasera devo vedere la partita” o ancora “abiti a 20 minuti da me, la nostra storia è impossibile.”. E questo è niente. La fauna locale pullula di moderni principi azzurri lampadati e con le gambe lisce di ceretta appena fatta, che personalmente mi fanno venire i brividi, altro che emozionarmi come la protagonista di una fiaba.
Ed ecco che la carrozza diventa nel caso più genuino la macchina di seconda mano acquistata con i propri sacrifici e nel caso del buzzurro la BMW del padre, nel quasi macabro tentativo di impressionare la povera sventurata seduta nel posto passeggero.
E poi il vestito fatto con tanta pazienza dapprima dai topini e poi ritoccato con un tocco di bacchetta da quella santa donna della fata madrina? Un vestito da 10 euro preso dai cinesi. Con le paiettes che si staccano. Sì, perché pure noi a volte ci mettiamo del nostro.
Ma soprattutto, il bacio di mezzanotte? Due metri di lingua in bocca e mani ovunque, manco fosse un polpo, ‘sto principe azzurro.
Stiamo vedendo l’abisso, sì? Non sono io una pazza visionaria, vero?
No perché, dico, passino le aspettative sui capelli: abbiamo capito che perfino Ariel, che viveva nel mare, aveva una chioma che sembrava sempre appena uscita dal parrucchiere (d’altra parte lei usava l’arricciaspiccia, mica le spazzole in commercio oggi!), ma io esigo almeno una lettera di scuse rivolta alle donne che, per colpa sua, caro il mio signor Disney, hanno perso tempo ad aspettare il principe azzurro, per rendersi poi conto che… no, non sto per dire che non esiste.
Esiste, esiste. Ma è in via d’estinzione. Almeno spero, perché se la sua evoluzione è quella del buzzurro allora mi sa che passo alle principesse pure io.
Ma una domanda sorge spontanea: che aspettative ci ha create, fin da piccole, l’aver visto tutti questi meravigliosi cartoni animati in cui tutto andava liscio come l’olio? Che danni ha provocato, effettivamente, in noi?
Ci siamo tutte messe alla ricerca di un prototipo d’uomo che forse ci sembra così perfetto solo perché le favole ci hanno raccontato così, solo perché la colonna sonora Disney e quel famoso bacio ci facevano venire voglia di essere quelle fortunate principesse.
Però poi, mentre pensavo alla mia vita immersa in un abito da bomboniera (molto scomodo) e con i capelli perfettamente acconciati (altrettanto molto scomodi), mi sono chiesta una cosa: ma ne varrà davvero la pena di sbattersi tanto per uno che ha la calzamaglia e che tiene più ai suoi capelli che alla sua compagna?
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E allora mi sono detta che forse i buzzurri che ci sono in giro sono solo dei principi azzurri un po’ fuori forma e con un eccesso di testosterone, e allora, forse, quasi quasi, non mi piacciono più i principi azzurri.
Né antichi, né da favola, né moderni.
E allora, caro Signor Disney, grazie per averci regalato la possibilità di sognare un po’, fin da piccole. Ciò ha avuto le sue ripercussioni (se vuole rimborsarmi lo psicologo, poi le lascio i dati per intestarmi l’assegno), però la perdono. Sì, la perdono perché se noi che siamo cresciute immerse nell’ingenuità e nella dolcezza siamo diventate così disilluse e acide, non oso immaginare come saremmo diventate senza cartoni Disney.
Viva le aspettative sull’amore e viva anche le facciate, ‘chè lasciare l’impronta del viso sul muro, è pur sempre lasciare un segno.
Alla prossima settimana!
Deborah

La redazione