Festa della mamma: la sottile differenza tra essere madre e fare la madre

Ogni seconda domenica di maggio, come da tradizione, si festeggia la mamma.
Le origini di questa festività sembrano essere legate alle antiche popolazioni politeiste che, nel periodo primaverile, celebravano le divinità femminili legate alla terra e alla sua ritrovata fertilità.
Le madri sono il simbolo della vita per eccellenza.
Ogni donna è un possibile contenitore di anime pronte a nascere, il tramite per venire al mondo.
Questo dono ha un potere immenso eppure alle volte ne viene trascurato il significato profondo.
È un miracolo, l’unico miracolo di cui siamo capaci noi umani. Dare la vita.
Eppure si perde nella scontatezza del farsi una famigliola carina e felice.
Figli due, grazie. Un maschietto ed una femminuccia. Giusto per avere la coppia.
Ma fare la madre è diventato un lavoro, da incastrare all’interno delle attività giornaliere multitasking ed eclettiche di cui noi donne ci carichiamo come solo noi sappiamo fare.
Fare la madre è da provare.
È faticoso, stancante, sfibrante, totalizzante. È anche appagante, va detto. Quell’appagamento fatto di piccole chicche quotidiane, quando il frutto del tuo operato di educatrice amorosa si vede, segno che il tuo lavoro è stato recepito nel migliore dei modi.
Non sempre va così bene a tutte, c’è da dire.
Questione di culo, mi sento di aggiungere con cognizione di causa. Specie se, crescendo, quella piccola creatura che hai generato sembra essere tutto all’infuori che parte di te, sfatando il noto proverbio “la mela non cade mai lontana dall’albero”.
Ho sempre pensato che la mia non solo non fosse mela ma che fosse un mango rotolato a valle.
E qui mi è venuto incontro solo il mio essere madre, quella condizione per cui la tua essenza di donna si è trasformata negli anni. Dalla pancia ai suoi vent’anni. Trasmutando completamente ogni mia cellula, facendomi superare ogni deviazione di percorso, ogni delusione, ogni smarrimento.
Trovando forze che non credevo di possedere per crescere insieme a lei, che non è mai stata una figlia facile.
Ho capito molte cose.
Ho capito che alle volte ci si deve spogliare della propria veste di madre, lasciare i vestiti sul pavimento e tornare ad essere una persona che cerca di entrare in empatia con un’altra.
Il tutto è molto complesso perché chi ha voluto venire al mondo attraverso te, e non un’altra, capita che possa essere molto criptica e difficile. Entrare in empatia con chi non ti fa entrare per carattere richiede estrema ricercatezza. Diventerai una speleologa in cerca di anfratti, gallerie, grotte, sotterranei.
Perché di questo si tratta quando vuoi trovare un passaggio per insinuarti senza voler fare male.
Ed è qui che il tuo essere madre prevale sul tuo fare la madre.
Lo sarai a prescindere dal risultato ottenuto, lo sarai e basta. Non ci saranno voti che tengano, diplomi, attestati. Lo sarai anche se ti deluderà, fino alla fine dei tuoi giorni, mai dei suoi.
Tempo fa le dedicai queste parole.
“Cosa posso insegnarti ragazza mia? Posso insegnarti a distinguere i colori, ma non il rosso dal giallo, i colori nelle loro infinite sfumature, dal cremisi all’indaco, passando per il terra di siena bruciata. Posso insegnarti ad ombreggiare un disegno, a rendere rotondi i volumi, farti vedere che con una sola linea puoi dare anche profondità a un tratto. Posso insegnarti ad impastare il pane, a sentire le farine con le mani, a fare marmellate senza addensanti, a fare un risotto al Barolo, una torta, un supplì. Posso insegnarti a ballare, passi di danza, passi di salsa, passi di tango, passi di rumba, oppure altri passi.
Ma, potrò mai insegnarti un’emozione? Potrò mai farti accapponare la pelle davanti a un quadro? Potrò mai estrapolarti la grazia, evitarti gli errori, spianarti la strada, farti trasformare la rabbia in azioni positive, farti vedere quello che sei, iniettarti coraggio, lenirti un dolore, selezionarti i pensieri, strapparti il sorriso, distoglierti dai circoli viziosi, venirti a riprendere dentro la tana, renderti onesta, farti sincera?
No, mai. Forse un piccolo aiuto te lo potrò dare, ma solo un piccolo aiuto. Tutte queste cose saranno e sono il tuo biglietto da visita, la tua cartina di tornasole, la tua mappa per ricondurti sulla strada che hai scelto.
E come e cosa penserai sarà determinante per far accadere o meno le cose che vorrai, ragazza mia.”
Ho capito che di fare la madre non ne sono capace, ma so che lo sono con tutta me stessa.
Buona festa della mamma a chi mamma, lo è.
Linda Smeraldi

La redazione
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