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Fiabe per bambini | AlFIABEto e la lettera P: Paolo e la paperella paroliera

La storia dell’AlFIABEto dedicata ai bambini e alle bambine il cui nome inizia con la lettera P si serve delle parole per giocare a domino.  Come leggerete, si tratta di un gioco semplice: a partire dalla sillaba finale (o dalle ultime due o tre lettere) di una parola, basta  dirne un’altra che cominci allo stesso modo… E così via finché di parole non se ne trovano più!

Paolo e la paperella paroliera

Dentro la vasca da bagno piena d’acqua schiumosa galleggia allegra Pucci, una paperella di gomma. Al pari di tutte le paperelle da bagno, anche la nostra Pucci è gialla e col becco rosso. Ma in più, rispetto alle altre, Pucci parla. O perlomeno lo fa con Paolo, che, accoccolato sul pavimento accanto al bordo della vasca, gioca a spingere la paperella tra le bolle di bagnoschiuma.

«Mentre nuoto nella tua vasca da bagno, potrei insegnarti un gioco con le parole» propone al bimbo la paperella. «È una specie di domino, in cui io do il via dicendo una parola, e tu ne trovi un’altra che inizia come la mia finisce. Perde chi tra noi due rimane senza parole».

«Ci sto, giochiamo!» acconsente Paolo.

«Mmm, vediamo un po’. Questo bagnoschiuma mi piace un sacco, perché ha un buon profumo di pesca. Ebbene la mia prima parola è proprio pesca ed io comincio il gioco così: C’era una volta una paperella, che aveva le piume vellutate come una pesca».

Il bimbo ascolta attentamente, ma lì per lì resta zitto, tant’è che Pucci lo incalza:

«Vai avanti, Paolo! Ce l’hai oppure no una parolina, che inizia con le lettere sca-

«Ce l’ho sì: è scarpa!» annuncia Paolo, che finalmente ha compreso in che modo si gioca il domino delle parole.

«Nuotando in uno lago, la paperella morbida come una pesca un giorno ripescò una bella scarpa nuova, che era venuta a galla, e subito si domandò chi mai potesse essere il padroncino di quella scarpa preziosa» inventa Pucci immediatamente.

«Il padroncino della scarpa è un nobile Che poi sia principe, conte o marchese, sceglilo tu!»

«Di lì a poco, la paperella vide arrivare sulla riva del lago un bambino dall’aspetto di un nobile  in sella ad un levriero dal pelo lucente. Il piccolo cavaliere, che si presentò come un principino…»

«Aspetta, lo racconto io!» la interrompe Paolo. «Offì alla paperella una rosellina, ma in cambio voleva riavere la scarpa perduta».

«Bravo, giochi benissimo!» esclama Pucci entusiasta. «Ora, però, lasciami continuare la storia: La paperella accettò di restituire la scarpa e nuotò verso la riva, ma al posto del fiore chiese in cambio un bel nastro di seta da mettersi intorno al collo».

«Così non vale!» protesta Paolo. «Dove la trovo una parola che comincia per stro-

Pucci gongola, convinta ormai di aver vinto, sennonché Paolo, deciso a non arrendersi, chiude gli occhi, aggrotta la fronte (per pensare meglio!) e di lì a un attimo esclama:

«Te la do io la parola, mia cara paperella! È strofinaccioE adesso sono proprio curioso di vedere come la inserisci nella storia. Ammesso che tu sappia che cosa significhi».

«So benissimo che cos’è uno strofinaccio!» ribatte Pucci, che, essendo una paperella molto molto paroliera, conosce il significato di tantissime parole. «Uno strofinaccio è uno straccio per le pulizie. Riguardo alla parola da collegare alla tua, io scelgo ciospo».

«Ciospo? E che parola è?»

«Ciospo indica una persona particolarmente brutta e sgraziata» spiega Pucci. «Ed eccoti il resto del mio racconto: Alla richiesta della paperella, il principino storse la bocca e sbuffò: – Macché nastri, macché seta Accontentati di questa rosellina di campo, piuttosto, perché  a un’oca come te, si addice uno strofinaccio più che della seta! Ti sei vista quanto sei ciospo?»

Il piccolo Paolo sgrana gli occhi, deluso dall’arroganza del nobile principino.

«E pensare che avevo trovato la parola sposo» dice.  

«Sposo va benissimo!» commenta Pucci dal becco rosso. «Sta’ a sentire: La paperella, ormai convinta che dopo lo scambio si sarebbero celebrate le nozze tra lei e il principino, si sentì mortalmente offesa da quel parlare così poco educato. Lasciò quindi cadere nell’acqua la scarpa trattenuta dal becco e, risospingendola verso il centro del lago, quaquaraquò furibonda: – Col cavolo ti rendo la scarpa, principe dei miei stivali! Piuttosto la indosso io, a zampe alterne, o, meglio ancora, la userò come barca per navigare in lungo e in largo nel lago. Sono sicura che, navigando sulla tua scarpa preziosa, incontrerò uno sposo mille volte meglio di te! – Ciò detto la paperella salì sopra la scarpa e remando con le alucce…»

La storia di Pucci è interrotta dall’arrivo della mamma, che chiede a Paolo:

«Hai finito di giocare con l’acqua? È ora di farti il bagno».

«Ho finito sì!» risponde Paolo, sorridendo alla paperella di gomma. «E ho anche vinto, visto che l’ultima parola l’ho detta io».    

Qui troverai, lettera per lettera, tutte le fiabe dalla a alla z.

Rosalia Mariani

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