Inclusione e l’ incapacità di accogliere

Inclusione è una parola che non ho mai preso in considerazione.
Non mi sono mai posta il problema che Rebecca non fosse parte integrante della società in cui vive, ma che ho tristemente iniziato a sentire da quando Rebecca frequenta la prima media.
Premetto che so benissimo che vi sono vari gradi di disabilità e che Rebecca avendo un cervello anche troppo performante, non ha problemi a livello di rapporti con gli altri. I suoi ‘problemi’ nascono dalle tante barriere che non le permettono di fruire di cose che a tutti noi normodotati sono scontate: entrare in un negozio, entrare in un cinema e magari scegliere da casa il proprio posto, cosa attualmente non possibile perché nessuno ha pensato alle persone diversamente abili in carrozzina. Anche gesti quotidiani come attraversare la strada dove vuole sono impensabili: sono mesi che vicino a casa ho segnalato la mancanza di scivoli per scendere dal marciapiede, il Comune ha risposto che provvederà, per ora dobbiamo stare in mezzo alla strada dietro ad una curva a nostro rischio e pericolo, e cosi via.
Ma le barriere più grandi sono quelle che creiamo noi normodotati, barriere mentali!
Siamo incapaci di interagire con coloro che sono costretti su di una carrozzina o che hanno un deficit intellettivo. Non riusciamo a relazionarci nemmeno con persone che come noi camminano, mangiano, bevono, dormono, leggono, ma che malauguratamente non hanno il colore della nostra pelle.
Noto da sempre una tenerezza infinita negli occhi di coloro che appartengono ad etnia diversa dalla nostra quando incontrano Rebecca, quasi come se capissero che anche loro sono alla ricerca di inclusione. Essere inclusi dove? In una società che trita tutto e tutti? Che quando ti ammali ti mette da parte come uno straccio vecchio? Una società per la quale esisti solo se produci reddito e se ne produci tanto esisti di più!
Che tristezza, abbiamo perso ogni umanità, l’amore, la comprensione. Siamo tutti/e troppo occupati a postare, a esistere sui social, ma non esistiamo realmente siamo esseri condannati a vivere in attesa di ricevere like sui nostri profili social.
Rebecca mi chiede continuamente quando potrà aprire il suo profilo FB, io temo quel giorno perché entrerà in contatto con una realtà virtuale malata per nulla inclusiva, anzi…Ma non posso neanche proibirle di farne parte, naturalmente posticiperò quanto più possibile e tutti i giorni cerco di starle accanto nella speranza che riesca un giorno a gestire la nostra società virtuale non inclusiva.
Elena Muserra De Luca

La redazione