Malattia e Disagio | Quando gli operatori sanitari non sono in grado di accoglierti

Sovente sentiamo lamentele legate al servizio sanitario pubblico, tanto che in Italia la parola “malasanità” è all’ordine del giorno.
Non sono solo però i casi di inefficienze da parte dei medici a meritarsi questo appellativo, sono anche tutta la rete di lavoratori che troppo spesso non ricordano di essere parte di una struttura che dovrebbe curare persone deboli, malate e per lo più in difficoltà emotiva e fisica.
Non so se ho mai scritto dell’operazione che Rebecca dovrà subire questa estate. Essendo affetta da SMA 2 (Atrofia Muscolare Spinale) e non avendo quindi forza muscolare, Rebecca soffre di una terribile scoliosi.
Dovrà quindi essere operata alla colonna vertebrale e l’intervento sarà molto invasivo con tempi di recupero piuttosto lunghi. Avendo preso accordi con il chirurgo di operarla una volta finito l’anno scolastico e avendolo lui promesso a Rebecca, proprio ieri dico a mio marito: “lunedi vado in Ospedale a chiedere quando più o meno sarà l’intervento”.
Oggi 5 aprile suona il mio cellulare e una voce femminile mi dice che il 21 aprile dobbiamo fare day hospital in vista dell’operazione l’11 maggio! Rispondo subito che gli accordi con il chirurgo erano di far finire l’anno scolastico a Rebecca (ultimo giorno 8 giugno), immediatamente vengo aggredita e mi si dice che in ospedale non stanno certo pettinando le bambole e quindi aspettando mia figlia!
Premesso che vorrei tanto che Rebecca pettinasse le bambole al posto loro, ciò significherebbe forza muscolare e nessun bisogno di intervento. Ho cercato di spiegare che per Rebecca frequentare la scuola (è stata ammessa alla media musicale Vivaio di Milano e sta avendo ottimi risultati) è una delle ragioni che non le fanno pensare a quanto sia difficile e anche doloroso fisicamente soffrire della sua patologia, che il suo viso si illumina ogni lunedì mattina all’idea di tornare in classe con i suoi compagni e che io non posso assolutamente toglierle questa gioia.
Quindi la informo che non possiamo e di riposizionare a giugno come da accordi. Segue una sequenza di: “ma non siamo qui per voi, fatti vostri, non so assolutamente quando potremo re-inserire Rebecca”.
A questo punto ho salutato e ho chiamato mio marito chiedendogli cosa pensasse in merito e che mi sentivo in colpa per aver preso questa decisione. Fortunatamente anche lui ricorda bene gli accordi con il chirurgo e mi conforta dicendomi che è d’accordo con me.
Ecco le mie misere considerazioni: se hai avuto una giornata di m…non scaricare le tue frustrazioni su di me, se lavori in un ospedale e sei a contatto con pazienti pediatrici beh credo che sia arrivato il momento di chiedere il trasferimento, se ti senti esclusa perché il chirurgo non ti ha reso partecipe degli accordi, vai da lui e chiarisci.
Conclusione: non potevi confrontarti con il chirurgo e poi chiamarmi il giorno dopo per trovare una soluzione, invece di dirmi: – beh a questo punto non so proprio quando sua figlia verrà rimessa in lista d’attesa!
Sicuramente verrò a cercarti per vedere di persona il DISAGIO che pervade la tua persona!
Anche questa è Malasanità, purtroppo
Elena Muserra De Luca

La redazione