Paolo Demo – Il design spiegato con i Pink Floyd e le sedie color mucca

Paolo Demo è un apprezzato designer. Cos’è il design? E’ ciò che un tempo era “soltanto” architettura e che adesso ha maggiore versatilità.
La differenza fondamentale è che molti hanno solo cambiato nome alla targa sulla porta. Paolo è rimasto fedele al nome del suo studio, che fa tanto Pink Floyd. Moonstudio, insieme al suo socio Emmanuele Casaro. Però in più ha creato una linea di ceramiche, ha disegnato chitarre e vinto premi importanti con la realizzazione di manufatti imprevisti e fantasiosi. Lo abbiamo intervistato nel suo studio di Bassano del Grappa, ecco cosa è venuto fuori.
Intanto sembra una banalità, ma spiegacela, cosa è un designer e perché dovrei fidarmi di lui?
Sì guarda io provo a spiegare, ma se ti guardi un po’ attorno e fai attenzione al mondo ti puoi orientare molto bene anche da solo. Io credo non esista il pieno o il vuoto, esiste forse la luce ed esiste l’ombra ma davvero sono l’una l’antagonista dell’altra? Poi esistono dei corpi che si muovono e oggetti tutto attorno, ecco questo è lo spazio. Quando provi a dare un nome al tuo ambiente capita che alla fine piuttosto che un termine risulta più facile affidarti a delle cose tue, che ti piacciano e che funzionino bene e che tu puoi scegliere. La scelta è uno strumento di libertà, lo è sempre stata, è magnifico poterlo fare oggi, in questo senso la nostra civiltà è fortunata. Ecco significa che queste cose sono state disegnate bene. Questo qualcuno che le ha viste prima di me e di te le ha perciò disegnate, cioè ha provato a costruirle prima in uno spazio immaginario, ma reale, e ci è riuscito. Allora quelle cose le usi tutti i giorni, quelle case le puoi abitare, significa che lui ha fatto bene il suo lavoro. Costui è un disegnatore, un architetto, un designer, un costruttore, chiamalo come vuoi, è la stessa identica persona.
Poi se vuoi fidarti di me e di Moonstudio a me fa piacere davvero, ripartire con nuovi progetti e ricerche è il nostro lavoro e la nostra vita, non saprei trovare una differenza tra i due, noi siamo così, io ed Emmanuele. Anche chi lavora con noi lo sa ed è felice.
In molti studi ha la meglio l’architetto tradizionale, entrando nel tuo si sente parlare di chitarre elettriche, ceramiche, legno, che succede?
La definizione di architetto tradizionale è divertente! …L’architettura è ricerca, sperimentazione, qualcosa che non si ferma mai, è da secoli che è così, si disegna sempre per resettare ciò che hai imparato prima e ripartire forte di una esperienza che sarà sempre e solo tua, quindi parlare di architetto tradizionale mi fa venire molti meno brividi che parlare di architettura tradizionale, anche se per me tutti e due suonano inquietanti. In Moonstudio si fanno cose e case. Le cose sono design, piccole architetture, ricerca di uno spazio disegnando mobili, oggetti, ambienti. Le auto che disegniamo con Emmanuele sono disegni di uno spazio in movimento, di un uomo che sogna ma che sta costruendo oggi il proprio futuro, la nostra nuova DMC DeLorean elettrica e le chitarre sono ancora tutte sulla carta ma stiamo cercando aziende e privati che credano nei nostri disegni, appunto, che vogliano vedere oggi, per domani, insieme a noi. Ceramica, tanta. Sono figlio di un ceramista e sono cresciuto tra le nebbie e i campi che sbuffavano vapori di terra, polveri, pigmenti, suoni di un tempo che è sempre stato. Fino ad oggi, in cui nulla sembra più funzionare, ma che in realtà sta solo cambiando faccia. O almeno io credo sia così. Stiamo disegnando ceramica perché una terra non muore, la tua terra non muore mai, magari da sola dorme e deve solo recuperare un po’ di forze. Disegniamo forme, recuperiamo le superfici, il colore, buttiamo invece le definizioni che sanno di vecchio, come tradizionale ad esempio, ed amiamo usare altri termini come ricerca, o disegno o forma che, ad esempio, sono sempre esistiti.
Senti, hai una storia curiosa che parla di una sedia e di un’artista che ci vinse un premio, il tutto collegato ad una mucca, raccontacela davanti ad una buona birra artigianale.
Ho qui una birra fatta in casa da amici, ora la stappo e tra un po’ non ci sarà più.
Ecco, per via che siamo strani e ce lo dicono, in più ci capitano quelle cose “impossibili” che accetti di fare per sfida e perché, alla fine, ti rendi conto che sei l’ultima chance di chi hai davanti. Comunque non eravamo sicuri di farcela, io lo dico. Poi vedi che oggigiorno possono capitare coltelli, posate, piatti, sedie o divani da fare, lampade, una moto da rimettere a posto o, com’è accaduto l’anno scorso, una “muccasedia”… Damisela Pastors Lugo, artista cubana capace di dipingere pure le mosche in volo è stata dirompente, ha telefonato in un freddo mattino di Dicembre, dopo essersi alzata dal letto e pensando che doveva assolutamente trovare il modo di fare ciò che aveva in mente da tempo. Poi mi ha raccontato che è entrata in internet cercando un designer, ha trovato me. Ma la cosa buffa è che su Google la prima cosa mia che ha visualizzato (ed apprezzato) è stata una vecchia pagina facebook di progetti che avevo pensato di eliminare… il giorno prima della sua telefonata! Ma per fortuna non l’ho fatto. Quando ha chiamato, di primo mattino, Emmanuele doveva ancora arrivare in studio ed io mi stavo lavando i denti. Insomma così, di punto in bianco, dovevamo realizzare una poltrona dalla struttura all’imbottito, dal disegno preliminare al pezzo finito in collaborazione con le nostre officine e i tapezzieri e in sole tre settimane. Teniamo presente che un pezzo del genere, progetto interamente custom, compresa la fase esecutiva di prototipazione e messa a punto del pezzo finale, mediamente dura un paio di mesi. Poi dipende molto dalla committenza, e Damisela è stata presente e precisa nelle richieste e per seguire tutte le fasi in cui era necessario un confronto. Però il tempo stringeva e dovevamo rendere possibile l’incontro tra la fase progettuale, la produzione del pezzo e la terza e ultima fase di decorazione da parte dell’artista. Teniamo presente che Dicembre è un mese davvero poco indicato per iniziare e finire contemporaneamente delle cose complicate come queste e che dovevamo consegnare il 23 Dicembre sera in quanto la Vaquitas Chair sarebbe dovuta partire qualche giorno dopo alla vota della Trinacria per la II Biennale d’Arte di Palermo 2015 . Abbiamo finalmente consegnato, direttamente a casa di Damisela il mattino dopo, lei stessa non ci credeva ancora. Noi sì, eravamo a pezzi. Siamo comunque arrivati prima di Babbo Natale, e questa è stata una grande soddisfazione!
Successivamente la nostra Dami ha vinto il primo premio della biennale anche grazie al nostro supporto, il pezzo è piaciuto alla giuria, Vittorio Sgarbi compreso, il quale è ritratto in diversi scatti accomodato sul nostro pezzo!
Sei un professionista che ama fare “rete”, hai un’ufficio stampa, un socio, un marketing specialist. Secondo te il futuro di un professionista è nella condivisione? (Date un’occhiata al loro sito web e ai lavori che fanno, www.moonstudioproject.it)
Sono un architetto che ama dimostrare la realizzabilità di ciò in cui crede e sperimenta, anche che uno studio di architettura e design possa crearsi una strada diventando tassello di qualcosa di più grande e, un po’ alla volta, diventarne parte integrante. Parlo della mia rete, mia e di Emmanuele Casaro, che è il primo che ci ha creduto insieme al sottoscritto. Tu hai citato l’ufficio stampa e comunicazione – che poi siete tu ed Andrea Calatroni- marketing e finanziamenti, poi ci sono gli artigiani prototipisti, le distribuzioni e rappresentanze commerciali, sì. Sono figure che, prima di essere ruoli, sono persone che da tempo conoscevamo e con le quali già collaboravamo, ma che alla fine si sono avvicinate a Moonstudio perchè hanno sentito una brezza di cambiamento, hanno creduto possibile la condivisione di esperienze e valori, a partire dalla necessità di evoluzione e per essere ognuno un tassello fondamentale di grandi progetti comuni, per le nostre aziende, per quei quegli imprenditori che vogliano investire davvero nella valorizzazione del loro prodotto, assaporando sempre quella stessa brezza che parla agli impavidi e a chi crede nelle proprie idee e nella propria identità, sapendole realizzare e portandole oltre i propri confini.
Un architetto, chitarrista, esperto di ceramiche, creatore di una propria linea, con in cantiere nuovi progetti, che musica suona il futuro di chi non ha voglia di fermarsi?
Suona i Pink Floyd e sarai felice, sempre e ovunque! A parte gli scherzi, anche se io a questa cosa che ti ho appena detto ci credo, la musica può, deve accompagnare la vita di un architetto. Il design, disegnare per vedere è ricercare armonie. Sia nella musica che nell’architettura si parla di composizione, armonia, ritmo, strumenti, sono tutti aspetti di un modo di vedere il mondo, di capirlo, per dargli una forma che di volta in volta nessuno si immagina come solo tu la puoi vedere in quell particolare momento della tua vita e dei tuoi disegni, perchè dentro c’è tanto di te, della tua storia, delle tue esperienze, emozioni, ricerche. Poi improvvisamente, quando prende forma ti scuoti, è come se tu vedessi le stesse cose per la prima volta, te le senti muovere dentro, suonano insomma. E’ proprio come la musica, e vive nel tuo presente. Il futuro è fare e costruire il presente, un giorno dopo l’altro.
Ettore Zanca

La redazione
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