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Vivere la vita, dal punto di vista del mare.

3 spunti per far pace con se stessi navigando attraverso la vita di tutti i giorni.

Che io sappia, da ciò che mi hanno raccontato, solo una persona nella storia dei tempi è stata in grado di camminare sulle acque e per farlo ha dovuto dimostrare di essere molto più che un semplice illusionista. Per tutto il resto del genere umano invece, c’è ancora bisogno di qualcosa che galleggi e quindi permetta di navigare ma soprattutto, una rotta chiara da seguire.

In più occasioni ma non sono l’unico certo a pensarla così, ho detto che il mare e la navigazione sono stati per me una scuola di vita, quella che mi ha permesso di guardarmi allo specchio e dire: “cazzo, ce l’ho fatta”.

La vita è il mare …e la barca, il mio modo di affrontarla, con la quale ho lentamente sfidato i miei limiti, imparando a riconoscerli uno ad uno cercando di superarli. That’s it!

La felicità, questa sconosciuta, mi sono reso conto che ho cominciato a viverla proprio in questo modo, sapendo riconoscere me stesso nelle cose che ero in grado di fare e gestire, alla riscoperta del mio vero modo di essere. Posso dunque affermare di essere felice.

Se quindi alla domanda “sei felice?” rispondiamo “beh sì dai, non mi lamento” c’è evidentemente qualcosa che non ci fa rispondere: “Sì! Molto”. Già, perché la felicità è un concetto superlativo che ha bisogno di una risposta superlativa, evocativa, contaminante. A volte sembra quasi ci si senta in difetto a rispondere così e se non è così, vuol dire che al contrario ce la stiamo cavando, non ci stiamo gustando davvero la vita e quindi, non crediamo di poter affermare davvero di essere felici. Ma cos’è davvero sta felicità?

Il concetto di felicità secondo me è logicamente soggettivo ma una volta scoperto l’accesso a quel qualcosa che ci permette di capirlo, giorno dopo giorno, probabilmente non la si percepisce più come un fine ultimo, bensì il mezzo. E da qui io sono partito.

Stimoliamo l’attenzione

Non tutti nella vita evidentemente hanno avuto la fortuna di soffrire.

ALT! Non è una provocazione sterile, tantomeno una mancanza di sensibilità o rispetto nei confronti del dolore e delle difficoltà oggettive della vita, cioè non qui, dalla parte del mondo occidentale dove chi in genere non ha problemi, quelli veri, se li crea. Parliamo obiettivamente di circostanze nemmeno poi così fortuite, in cui liberiamo troppo spesso quel malessere di vivere pensando sia l’unico modo per sopravvivere e quindi per lamentarsi sempre e di ogni cosa.

Non sono un prof. o uno strizzacervelli ma ho vissuto la mia vita, con tutti, tuttissimi i limiti che chiunque ha o si crea (parlo di seghe mentali). Punti di vista ed esperienze di vita a cui decidiamo di dare più o meno peso, quello che ci portiamo poi sulle spalle lungo la vita o più precisamente, nella testa!

Una storia come tante altre

Tutto è cominciato per me quando cominci a capire che c’è chi ha culo, sempre, in ogni cosa che fa e tocca, pure se la rompe. Al contrario di chi è appestato invece dalla sfiga, quella che molti poi reputano in maniera arbitraria l’unico vero motivo della propria “sconfitta” nella vita. Una subdola sofferenza che mette radici profonde, grovigli di fissazioni che poi diventano difficili da estirpare. Concime fertile per i robustissimi pipponi mentali. Non è così!

Si soffre per il rapporto con un genitore, uno, di solito basta e avanza ma può andare anche peggio ad esempio con gli zii che fanno le veci dei genitori, quindi due. Poi arriva il tradimento di un amore o di un amico, il lavoro sbagliato che non appaga, un’impresa fallita, un sogno infranto, una frenata brusca della vita dove però chi corre forte non sempre è quello che arriva prima.

Rapporti di varia natura finiti male, partendo da quello ad esempio con Marcella, Alfredo, Laura o Andrea, insomma quelli che indossavano quel camicino bianco o azzurro piccolo piccolo, sporco di pennarelli, tempere e succo di frutta.

Per me le grandi tragedie sono cominciate proprio lì, nell’angolo buio e triste di quel corridoio all’asilo. Non so voi ma io all’età di 5 anni davanti ad un presuntuoso e indifferente “no, non mi piaci” di Michela, mi sono giocato almeno tre quarti dell’adolescenza, accompagnato poi quotidianamente dalla soffocante tenacia di un genitore che anziché offrirmi la luce della sapienza e della speranza mi regalava solo lunghe ombre. Molto lunghe.

Proiezioni di un bisogno e bisogno di una accettazione che crescendo prende le forme più assurde e distorte, tra i riflessi di quelle aspettative fatte di continue minacce, promesse inutili e disattese da più parti, soffocate pure dai banchi di scuola, alti, altissimi, muri invalicabili fatti di note sul registro, interrogazioni a sorpresa e amori non corrisposti. Già, una vita proprio difficile 😉

La sofferenza però è un bene che và alimentato con intelligenza e gestito con sapienza ma che in certi momenti (a qualsiasi età) purtroppo è vissuta come una dannata ingiustizia, in un mondo di merda senza giudici né magistrati disposti a salvarti, uno scherzo della natura che obbliga a fare i grandi a tutti i costi, quando invece sarebbe così semplice chiudersi in cameretta per tutti gli anni della vita a seguire e prendersela con il mondo intero ed ovviamente l’armadio, ricoperto dai poster dei Kiss e degli Iron Maiden (sì, era il mio armadio), ascoltando però e chissà mai perché, le canzoni strappalacrime e davvero strozzapalle di Marco Ferradini o Laura Pausini. Forse la Pausini parlava proprio di Ferradini quando diceva che Marco se n’era andato. Vabbè, io ho i miei anni.

Ognuno a proprio modo comunque trova poi il coraggio e l’audacia (nei casi più fortunati) per uscire dal tunnel del “vorrei …ma come faccio?”.

Beh, vi racconto cosa ho fatto io.

1. Ridere, sempre e …in ogni caso!

sorridereLa parola magica è leggerezza. Attenzione, non ho detto superficialità. Parola d’ordine: stikazzi!

Non prendere tutto troppo sul serio, fatti na risata anche se non sempre si riesce. Lo so, non è semplice ma si può. Prenditi in giro, è un toccasana. Togliti dalla faccia quelle brutte rughe che crei tra gli occhi quando sei corrucciato, rilassa i muscoli facciali e soprattutto non essere pesante e pedante.

Fatto questo, che non è da poco, allontana le persone tossiche, non quelle che si fanno due canne ogni tanto ma quelle menose (più pericolose per la salute), che passano il tempo a giudicare gli altri e a lamentarsi di ogni cosa. Queste fingono di comprenderti solo perché cercano a loro volta una scusa per dimostrare a se stesse che non sono le uniche a non avere le palle per godersi la vita davvero. Se vivi così …e quando impari a ridere? Cerca il confronto costruttivo e non la consolazione, vi assicuro che cambia tutto e soprattutto il punto di vista da cui vedi ogni cosa. Si alza la testa per vedere oltre e non dietro e si vede finalmente il mondo con occhi diversi.

2. Ambizioso, non arrivista.

nonnoNutrire sempre i propri sogni e a qualsiasi età. Non si è mai abbastanza vecchi per sognare. Non abbandonarli mai, modificali lungo il percorso semmai ma non mollarli mai! Vivi seminando, ogni giorno. Mai fermarsi ad aspettare che le cose accadano. E’ il modo migliore per cedere alla depressione.

Cerca strade nuove, non scuse (questa dai, l’avrete già sentita no?).

Prova, cambia, scopri, conosci ma soprattutto, sbaglia. Sì, sbaglia… tanto! Nessuno è perfetto. Il rimorso per aver commesso un errore vale molto più nella vita del rimpianto di non averlo fatto.

Capita? Vabbè, ecchessaramai… Ma soprattutto, fallo non a discapito di altri, perché l’energia negativa si accumula quando si cerca di spegnere quella altrui. Perché l’energia và, dove và la nostra attenzione.

3. Così è se vi pare 

cosi_e_se_vi_pareFare quel che ci fa star bene, non per compiacere chissà chi ma per compiacersi di averlo fatto, a prescindere dal giudizio altrui e dal risultato finale. Per essere contenti di essere quello che si è e non per essere ciò che gli altri si aspettano tu sia.

Capito questo io ho fatto Bingo! 

La frase: “ma gli piacerò?”, “sarò all’altezza?”, “sarò capace?”, sono domande a cui nessuno può dare una risposta. Fallo e scoprilo! Stop.

E’ tutta energia da rivendere poi.

Paura di sbagliare. Ma perché ho perso tanto tempo nella vita a farmi questa domanda, quando invece agendo ho avuto le risposte? Con il senno di poi, beh.. lo so, siamo tutti bravi!

La vita in fondo è questo, un insieme di momenti giusti o sbagliati, belli e brutti, facili e difficili ma che fanno parte di un percorso che porta da qualche parte ma che non è detto sia esattamente quello che ci aspettavamo. L’unico modo per scoprirlo è vivere. E se vivi bene, vuol dire che si è felici.

È così, io navigo ogni giorno il mio mare, l’unico modo per conoscere la vita, per scoprire i limiti da conoscere, superare e da rispettare. Un mare da navigare a volte al comando, altre da passeggero, con un proprio ruolo che può anche essere cambiato, che si scopre e si impara solo uscendo dal porto ma solo con la consapevolezza che se si ha una rotta da seguire, vuol dire che si sa anche dove andare. E questo non finirò mai di dirlo, la vela e il mare lo sanno insegnare molto bene.

Se ami la vita, saidisale.

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