Tennis: in occasione delle BNL di Roma scopriamo il grande Andre Agassi

Questa è la storia di un tennista che ha scavalcato tutti i canoni di immaginazione.
Avrebbe potuto essere una leggenda, si è limitato ad essere uno dei più grandi della storia del tennis. La sua anima era profondamente tormentata. In perenne contrasto con un ego che cercava conforto da un affetto perennemente negato o mostrato male.
Il tutto in nome di un padre che lo aveva predestinato tennista. Il padre di Agassi lo voleva ricco famoso e talentuoso. Aveva scelto una casa apposta a Las Vegas, dove poter costruire per il figlio un campo e una macchina sparapalle. Andre era cresciuto così.
Da bambino, a nove anni, batteva gente molto più grande di lui. Il padre insisteva per farlo palleggiare anche con tennisti affermati, ai tornei in cui lo portava. E lui ricorderà per sempre le prese in giro di Jimmy Connors, che lo sfotteva per la presenza di una ragazzina che si capiva fosse la sua fidanzatina. Agassi gliel’avrebbe giurata. Battendolo qualche anno dopo in maniera secca, con questo stimolo in più.
Andre non era però solo genio, talento e allenamento. Aveva un odio profondo per il tennis.
E però anche una incapacità di staccarvisi. Una forma perversa di attaccamento che creerà un mix di rabbia e bravura. Lo stesso mix che lo porterà a vincere il prestigioso Wimbledon nel 1992, in una epica finale contro Ivanisevic. Altri prestigiosi tornei vedranno trionfare un Agassi dal look particolare, Capelli con meches bionde, un look ribelle e per la prima volta un paio di pantaloncini da tennis in Jeans. Accadde infatti che sia Agassi, sia McEnroe avevano un contratto con la Nike, solo che nella scelta della divisa, John aveva la precedenza, quando vide quella in jeans ne fu nauseato,
Andre si buttò a pesce. Wimbledon fu la conferma del suo talento. Ma anche dello strano rapporto col padre. Quando lo chiamò il padre si intuiva che piangesse commosso, ma non gli disse altro che:
“come hai potuto perdere il quarto set in quel modo?”. Agassi gli rispose solo “ok papà, meno male che ho vinto il quinto, no?”.
Un momento di vera crisi umana e di risultati, fu il suo legame con Brooke Shields. Attrice che non aveva nulla in comune con lui e che nemmeno amava seguirlo per le partite. Una loro lite epocale avvenne in un momento in cui la Shields stava cercando di rifarsi una carriera recitando un cameo in Friends. Agassi le vide leccare una mano di un attore in maniera sensuale e se ne andò schifato. Da lì qualcosa si incrinò e Agassi, in crisi e infortunato al polso, scese tremendamente i gradini della carriera.
La sua salvezza, fu rappresentata da chi parlava la sua stessa lingua. Una donna di cui Agassi da sempre era innamorato. Steffi Graf. La campionessa, la donna cyborg che asfaltava chiunque. Andre l’avrebbe conosciuta nel momento del suo ritiro. Steffi fu colei che aiutò Agassi, non lo mise mai in competizione con lei, nè mai gli addossava pressione, ma si capiva che durante i match del marito aveva quella espressione di chi sarebbe voluta scendere in campo a fare sfracelli. Con un look diverso, Agassi vince anche il suo maledetto Roland Garros nel 1999.
Una delle scene più belle della vita di Agassi viene descritta da lui stesso. Affittarono un campo per pochi dollari insieme alla Graf, cominciarono a giocare. All’inizio lei si risparmiava, allora lui per stuzzicarla iniziò a prenderla in giro. Steffi cominciò a giocare seriamente, sparandogli proiettili. Agassi rispondeva a tono, ma in quel momento era rapito dal guardare la moglie, dal vedere che la madre dei suoi figli, era una belva che aveva trovato il suo ambiente. E pensò una cosa bellissima, che forse dovremmo tenere a mente tutti. Vedere chi amiamo, mentre fa qualcosa in cui ha talento, è un privilegio, un vero privilegio, non dovremmo scordarlo mai.
Ettore Zanca

La redazione
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