I racconti della nonna | Le magiche e paurosissime Chimere

La Splorcia di cui vi ho raccontato non è l’unica chimera del folclore italiano.
Nei pressi di Novara si aggirava infatti il SERPEGATTO, un animale notturno, che, come dice il nome, era l’incrocio tra un serpente e un gatto. Dotato di un paio di orecchie da lince e di una lunghissima lingua biforcuta, il SERPEGATTO era in grado di ipnotizzare chiunque osasse fissare i suoi occhi iniettati di sangue.
A far compagnia al SERPEGATTO, non più in Piemonte, bensì in Lombardia e precisamente in Valsassina, c’era il CAURASCIA.
Il CAURASCIA, una chimera metà capra e metà uccello, aveva uno strano modo per attirare le prede nei boschi dove stava in agguato: lanciava un grido simile al richiamo di un pastore, quindi lo alternava al belato di un capretto. Succedeva allora che qualche sprovveduto viandante si allontanasse dal sentiero e si mettesse a cercare l’animale di cui aveva udito il belato. Penetrato nella boscaglia, il poveretto cadeva irrimediabilmente nella trappola del mostro, che gli faceva perdere del tutto la via o gli si parava davanti, terrorizzandolo al punto da farlo diventare calvo in un batter d’occhio.
La lista degli animali di natura multiforme prosegue: sempre in nord-Italia, bazzicavano infatti l’Habergeiss, il Milauro, la Cavra Sbrégiola.
Dell’HABERGEISS favoleggiavano i valligiani dell’Alto Adige, descrivendolo come un gigantesco uccello a tre zampe, con una testa caprina provvista di un corno acuminato sulla fronte.
Il terrificante uccellaccio amava comparire durante le tempeste nei luoghi solitari e, all’occorrenza, riusciva a passare attraverso le serrature delle porte e ad entrare nelle case. Qui si comportava come un vero e proprio incubo, appoggiando cioè il testone sul petto delle persone addormentate, per procurare sogni molto, molto angosciosi.
Un eroe del tempo, sapendo che per uccidere un HABERGEISS bisognava tagliargli la testa, si mise all’opera per farlo e riuscì nell’impresa… Ma solo per scoprire, un attimo dopo, che dal sangue dell’HABERGEISS decapitato erano nati tre altri mostri identici!
Che dire poi del MILAURO, temuto da grandi e piccini a Bolzano?
Questo rettile alato, che aveva un viso da bambino e amava starsene attorcigliato intorno ai rami di nocciolo, non era certo una facile preda per i cacciatori della zona. E sì che tutti quanti lo avrebbero catturato volentieri, anche perché, raccontava una leggenda, chi avesse mangiato un pezzettino della sua coda, avrebbe guadagnato l’immortalità e il potere di comprendere il linguaggio di qualunque animale.
La CAVRA SBRÈGIOLA bergamasca, invece, ricordava un po’ il grifone, l’animale mitologico disegnato nei bestiari medievali con l’aspetto di un leone alato con la testa d’aquila.
A differenza del grifone, il mostro di Bergamo aveva però il corpo più simile a una capra; quando volava sui tetti della città, emetteva un belato lamentoso che suscitava in tutti pensieri malinconici.
Ora però scendiamo verso la Toscana. In questa splendida regione era possibile ascoltare il lamento di un animale mostruoso, il MUGLIONE, che si nascondeva presso le sorgenti di un torrente vicino a Siena.
Il lamento del MUGLIONE, un bestione per metà pesce e per metà bue, somigliava a un muggito prolungato: se arrivava alle orecchie degli uomini, non era un buon segno, perché preannunciava un periodo di siccità e di carestia.
L’aspetto, in parte, di un grosso bue ce lo aveva pure un mostro siciliano, chiamato per l’appunto BUE MARINO.
Il BUE MARINO, bue nel corpo e nella testa, ma con due mani grosse, collo lungo da giraffa e una coda tozza, appariva lungo la costa di Trapani (la sua tana era una grotta sottomarina dell’isola di Levanzo) e si sdraiava sulla spiaggia a riscaldarsi durante le giornate assolate. Guai a disturbare la sua quiete, mentre stava steso a prendere il sole: lo straordinario animale si arrabbiava così tanto, che aggrediva l’inopportuno visitatore prendendolo a pietrate!
Pensate un po’ che secondo le storie del posto il BUE MARINO sarebbe stato un uomo, a cui piaceva starsene a mollo nel mare per tutto il giorno. Finché, inghiottito per lungo tempo tra le onde, quest’uomo ad un certo punto riapparve, trasformato per sempre in un animale acquatico.
Molti siciliani credevano che il BUE MARINO fosse in realtà Colapesce, il coraggioso ragazzo protagonista di una famosa leggenda della loro terra.
E ora, mentre i bambini più piccoli disegnano il loro mostro-chimera preferito, chi tra i più grandi sa ricercare e poi raccontarmi la leggenda siciliana di Colapesce?
Qui puoi trovare tutti i miei racconti per le favole ai tuoi bambini.
Rosalia Mariani

La redazione