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L’AlFIABEto dei bimbi: Il Drago di Dario

Oggi “L’AlFIABEto dei bimbi” dedica la sua fiaba in particolar modo ai bambini e alle bambine il cui nome inizia con la lettera D.

Gli altri non si sentano esclusi, però! Poiché ogni bambino è un Dono grande – non solo per la sua mamma e per il suo papà, ma per tutta l’umanità – questa fiaba è dedicata un po’ anche a loro.

 Il Drago di Dario

 Dario e la nonna sfogliano insieme un libro, che racconta di draghi e principini coraggiosi. Dario si sofferma su un’illustrazione: un verde lucertolone alato sputa fuoco e fumo dalla bocca enorme e le fiamme pare vogliano uscire dalla pagina.

«Nonna, tu ce lo avevi un drago, quando eri piccola?» domanda Dario.

«Se è per questo un drago ce l’ho anche adesso. Tutte le volte che mi arrabbio, il mio drago rosso ruggisce forte qui» e la nonna si indica il cuore. «Comunque, sì. Come tutti i bambini, anch’io mi divertivo ad immaginare i draghi. Il mio drago era simile a quello che vedi nel libro: verde, ricoperto di squame a formare una corazza impenetrabile, con gli artigli affilati e con tanto di ali da pipistrello provviste di aculei. E poteva anche capitare che dal collo gli spuntasse una seconda o una terza testa».

«E sputava fuoco?»

«Certamente! E, quando apriva la bocca per riprendere fiato, tirava fuori la lingua biforcuta e la allungava sul viso dei bambini che avevano il coraggio di affrontarlo… in questo modo!»

Con un rapido gesto la nonna fa scivolare il dito sul nasino di Dario e lui si ritrae, anzi si rotola sul lato opposto del divano, facendo finta di aver paura.

Poi torna a sedersi accanto alla nonna e dice:

«Il mio drago non è come il tuo!»

«Ah, sì? E com’è, il tuo drago

«Il mio drago non ha le squame, ma è morbido e caldo: ha il corpo ricoperto di peluche. E poi è giallino. Proprio così: è tutto giallo col sottopancia e le ali – che sono di velluto – dorati. Anche gli occhi sono diversi. Non sono rossi come gli occhi del drago della figura, ma sono azzurri, come gli occhi del gatto Dodò e come i miei».

«Che bello!» esclama la nonna.

«Già! E questa cosa qui…» e Dario indica la cresta che il drago illustrato nel libro ha sul collo, «lui ce l’ha lunga lunga, dalla punta della coda su per la schiena, fino in cima alla testa. Ed è come una scala, almeno io ci posso salire e scendere quanto mi pare. Tanto, se cado, ci pensa lui ad acchiapparmi con le sue zampone morbide. Perché le zampe del mio drago gli artigli non ce li hanno, lo sai, nonnina?!»

«Di sicuro, a finire tra le zampe di un drago come il tuo, non si corre alcun pericolo» risponde la nonna. «E dimmi, tesoro, è uno sputafuoco, il tuo drago?

«Macché! A parte il fatto che ha la linguetta corta e non biforcuta – anche se rasposa, come quella del gatto – il mio drago sputa solo nuvole di zucchero filato. Così, quando una persona cattiva lo fa arrabbiare, lui lo avvolge dentro una nuvola dolce e dopo, hai voglia, prima che riesca a liberarsi da tutto quello zucchero! Se invece è triste o si arrabbia per conto suo…be’, in quel caso, lo zucchero se lo tiene sulla lingua e, succhia un po’ di zucchero oggi, succhia un po’ di zucchero domani, prima o poi smette di essere triste o arrabbiato».

«Questo drago speciale mi piace un sacco, Dario! Vorrei essere stata capace anch’io da bambina di immaginare un drago uguale al tuo»

Dario rivolge alla nonna un sorriso furbetto. Poi le sussurra in un orecchio:

«Ti svelerò un segreto, nonna. Il mio drago non l’ho immaginato. Dragodario, è questo il nome del mio drago, esiste. Delle volte io e Dodò gli saliamo sulla groppa, ci aggrappiamo forte e Dragodario ci porta in un paese dall’altra parte della luna, dove ci sono tutte le fiabe che mi hai raccontato tu. Non è vero, Dodò?!»

Il gatto, che nel frattempo si è avvicinato al divano, risponde a Dario con un miagolio d’assenso e, come a confermare la risposta, si struscia alle gambe della nonna.

È tardi. Mamma e papà sono rientrati dal lavoro, per la nonna è ora di tornare a casa. Stasera la nonna ha un po’ di fretta, così sul vialetto di accesso cammina veloce, non si volta. Se lo facesse, forse lo vedrebbe…Dragoberto è lì, che dall’esterno si affaccia alla finestra del secondo piano (alto com’è, ci arriva senza problemi) con quel suo muso dolce, in cui gli occhi sembrano spicchi di cielo. Parla in una lingua strana, ma con un po’ di intuizione si capisce che sta chiamando un bimbo pieno di fantasia e il suo gatto:

«Dario, Dodò! Ce lo facciamo un giro insieme nel paese delle Fiabe?»

In foto Drago Walter di Lilliputiens …

 

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