Un folletto nel presepe

La casa in cima alla collina dove il piccolo Matteo e la sua famiglia abitavano ormai da qualche mese era appartenuta ai nonni. Nella casa, quel Natale, venne a nascondersi un folletto dei boschi di nome Gazza.
Gazza apparteneva alla categoria dei folletti dispettosi e, come si può intuire dal nome, si divertiva soprattutto a rubare minuscoli oggetti dentro le abitazioni, oggetti che immancabilmente finivano per ricomparire nei luoghi più impensati. Oppure faceva man bassa di biscotti, dolciumi e caramelle, godendo pure del fatto che la colpa delle sue razzie sarebbe ricaduta su qualche bambino goloso, presente nei paraggi. In effetti, a forza di ingozzarsi di dolci, il folletto era diventato così cicciottello, che solo con molti sforzi entrava ancora dentro il vestito di tela di sacco: gli erano diventate grasse persino le orecchie, tant’è che il berrettino giallo, fatto di mollica di pane, gliele ricopriva a stento.
Quando Gazza sgattaiolò nella casa sulla collina, passando per una finestra socchiusa e saltando giù – o, per meglio dire, rimbalzando, tondo com’era! – dal davanzale, Matteo e la mamma stavano facendo il presepe. Matteo, in particolare, era così concentrato a trovare il posto giusto per ogni statuina, che non si accorse dell’ospite piccino, neppure quando questi, con i suoi dieci centimetri di ciccia e furbizia, gli rotolò tra i piedi, per poi correre a rifugiarsi sotto il tavolo.
Riguardo alla mamma… Be’, lei, alla comparsa inaspettata del folletto, avvertì un pizzicorino al naso e tuttavia non vi badò più del dovuto, anche perché c’era Matteo che le chiedeva:
«Mamma, me lo ripeti chi sono questi tre personaggi e che doni portano a Gesù Bambino?»
«Le tre statuine rappresentano i magi, i saggi astronomi d’Oriente, che sono venuti ad incontrare Gesù guidati da una stella. Qualcuno li ha chiamati Melchiorre, Baldassarre e Gaspare. Portano in dono oro, incenso e mirra».
«E li mettiamo adesso nel presepe o aspettiamo il 6 gennaio?»
«Possiamo metterceli ora. Basterà disporli lontano dalla capanna, dietro la montagna di cartapesta. Poi di giorno in giorno li sposteremo più avanti».
Di tutta la conversazione, il folletto aveva prestato attenzione soprattutto alla parola “oro” e, da buona gazza ladra qual era, si fregava le mani pensando a tutte le monetine luccicanti che avrebbe sgraffignato.
Così, non appena scese la notte, s’intrufolò nel presepe per un primo giro di ricognizione e da subito, muovendosi quatto quatto tra le statuine, si accorse che di cose da portar via, insieme alle monetine d’oro, ce n’erano eccome: qualche forma di cacio e del pane appena sfornato, per esempio; e lo zufolo di un pastorello musicista, i panni della lavandaia (da cui ricavare un vestitino più largo di quello che indossava)… e magari anche un paio di piume dalle ali di un angelo, perché delle piume tanto speciali gli sarebbero di sicuro tornate utili.
Nei giorni e nelle notti seguenti, perciò, quando non c’erano umani a guardarlo, Gazza percorreva in lungo e in largo il presepe, studiando il modo per derubare le statuine senza destare troppi sospetti.
Sennonché, col trascorrere del tempo, la magica atmosfera di attesa che aleggiava intorno ad ogni statuina lo coinvolse a tal punto, che il folletto si dimenticò di rubare e si mise lui stesso ad aspettare l’evento che – lo avevano bisbigliato i magi d’Oriente – avrebbe riempito di gioia tutto il presepe e anche il cuore degli uomini.
Venne la Vigilia di Natale e Matteo rimase alzato fino a tardi, per deporre nella mangiatoia un Gesù Bambino di gesso.
«Ora ci sono tutti, il presepe è completo» disse il papà. «È nato Gesù: è Natale!»
Mentre fuori suonavano le campane della Mezzanotte Santa, Matteo abbracciò l’intero presepe in uno sguardo pieno di meraviglia. Fu proprio allora che lo notò: dietro i pastori e dietro il gregge di pecorelle c’era un personaggio insolito, che somigliava a un folletto dei boschi. Il folletto, fasciato in un vestitino troppo stretto, con un berretto giallo tra le mani, teneva gli occhi fissi sulla capanna e aveva l’aria di chi non vedesse l’ora di arrivare vicino vicino al Bambino Gesù.
«E questa statuina qui chi ce l’ha messa?» esclamò Matteo, indicando Gazza.
«Non c’era tra le vecchie statuine dei nonni. O, perlomeno, io non me la ricordo» rispose il papà, chinandosi sul presepe ad osservare meglio il folletto.
«Neppure io l’ho mai vista!» aggiunse la mamma, che ricominciava a sentire un pizzicore sulla punta del naso. «Come ci sarà finita nel presepe?»
Gazza rimase fermo dov’era, in silenzio. Continuava a fissare la capanna, emozionato, aspettando il momento di avvicinarsi un po’ di più. Intanto ripensava al saggio Gaspare (perché era lui, tra i magi, quello che recava in dono dell’oro!), ai pastori, alla lavandaia, agli altri personaggi del presepe, che nel frattempo gli erano diventati amici e che gli avevano promesso qualcuno dei regali destinati al bimbo appena nato. Era felice: ormai sapeva che, grazie ai suoi nuovi amici, quando si fosse presentato al cospetto del piccolo Gesù, non sarebbe stato a mani vuote.
Rosalia Mariani

La redazione