La mia montagna brucia

Il cielo si scurisce, il bosco brucia, la terra è secca, il fumo soffoca, il vento caldo ustiona, gli animali fuggono, il cielo si scurisce: alcuni uomini corrono, qualcuno piange, molti guardano…
Ettari di bosco cancellati, molti danni materiali, ingenti perdite economiche: alcuni uomini si rimboccano le maniche, altri imprecano, molti guardano…
Un uomo muore cercando di salvare la propria terra, le squadre dei Vigili del fuoco affrontano le fiamme, i volontari aiutano come possono, i montanari tremano di rabbia e di paura, molti guardano…
Il vento soffia cenere fino a Torino, alcuni tossiscono, altri fanno affari con le mascherine antipolveri, qualcuno maledice il “blocco delle auto”, molti guardano…
Ormai guardiamo tutto da spettatatori. Possibile?
Dal 10 ottobre le squadre antincendio piemontesi e dei Vigili del fuoco hanno dovuto affrontare più di 300 incendi con l’impiego di circa 300 volontari per turno.
“Superata l’emergenza ci vorranno almeno 15 anni per ricostruire i boschi andati a fuoco con danni all’ambiente, all’economia, al lavoro e al turismo” stima la Coldiretti “Nelle foreste andate a fuoco saranno impedite anche tutte le attività umane tradizionali del bosco come la raccolta della legna, dei tartufi e dei piccoli frutti, ma anche quelle di natura hobbistica come i funghi che coinvolgono decine di migliaia di appassionati”.
Perché?
Attività di carattere doloso, un ottobre di siccità record (le piogge sono state del 79% inferiori rispetto a quelle normali del periodo, secondo i dati ISAC-CNR), una gestione non oculata della risorsa “acqua” (sprechi, speculazioni, impianti di innevamento artificiale, usi industriali ecc), l’abbassamento della falda acquifera, abbandono delle zone montane, incuria dei boschi, incoscienza…
Molti guardano…
Altri, raccontano ai propri figli le storie dei boschi e la magia delle proprie montagne, insegnano loro ad amare i boschi, a rispettare la vita.
Arch. Valeria Masera

La redazione